lunedì 29 agosto 2011

Volontari: le Pubbliche Assistenze (1a parte)


Ci siamo! Ho aspettato e riflettuto molto prima di scrivere questo post che tratta di una parte molto importante della mia vita: le Pubbliche Assistenze. Lascio per un attimo argomenti di cronaca e storia militare per entrare in un mondo che con l’ambiente militare ha molte cose in comune.
Facenti capo all’ANPAS, le Pubbliche Assistenze sono composte per la maggior parte da volontari e da un congruo numero di dipendenti, esse rappresentano un anello fondamentale di quella catena chiamata “soccorso sanitario” che qui in Italia poggia quasi interamente sul lavoro di queste associazioni. Ovviamente non possiamo dimenticare la Croce Rossa, sicuramente una delle istituzioni più blasonate e importanti a livello mondiale, tuttavia nella mia realtà, quella genovese, la “Rossa” è relegata a un ruolo secondario poiché buona parte del territorio cittadino è “coperto” dal servizio delle P.A. In particolare Genova risulta essere una delle città dove la presenza sul territorio è particolarmente densa, forse anche troppo.
Le Pubbliche Assistenze (la cui origine risale spesso ai primi del Novecento) sono strutture radicate sul territorio e in molti casi rappresentano un vero e proprio punto di riferimento per la cittadinanza. Ad esempio, la società dove ho iniziato (la Croce Verde di Quinto) era composta per la maggioranza da persone del quartiere, cresciute li dentro, con alle spalle anni e anni di militanza.
L’ambiente societario varia da luogo a luogo, tuttavia tutti hanno una cosa in comune: non sono luoghi la cui comprensione è semplice e immediata! Questo è imputabile a diversi fattori: il primo è legato sicuramente al carattere stesso della città, Genova, che tutti sappiamo non facile e molto chiusa, il secondo è invece connesso al discorso che facevo prima, quello dell’ambiente militare. Per chi le vede da fuori è, infatti, molto difficile giudicare e comprendere le logiche sociali e aggreganti che contraddistinguono il mondo delle P.A.: appena arrivi ti viene subito voglia di scappare, tuttavia se hai le capacità e il carattere per fermarti ti accorgerai che sono luoghi semplici ove vige la legge del gruppo anche se, apparentemente, vi è molta disgregazione. Mi spiego meglio: il primo impatto (come avveniva quando entravi in caserma per la prima volta) non è semplice, gli “anziani” ti squadrano da testa a piedi e cercano di capire dai tuoi atteggiamenti (quando molte volte basterebbe parlarti) che tipo sei, quali sono le tue potenzialità o se hai la “virtualità” di essere un rompi palle o, peggio ancora, un montato e/o esaltato. Questa prima indagine avviene poiché molti ragazzi accedono in una P.A. perché attratti da quei quattro lampioncini blu che, in mezzo al traffico, emettono un rumore sgradevole, seppure utile: le SIRENE. Per carità, questo non è un male purché sia un sentimento passeggero: le sirene sono la parte più semplice e scontata di quello che avviene durante un’emergenza sanitaria, ciò che conta è ben altro. Non puoi basare un’esperienza simile solo sull’adrenalina che da sfrecciare in mezzo al traffico…almeno non deve e non può essere solo questo. Su tale principio si comincia già a capire chi potrà essere un autista capace o un valido soccorritore. In questo senso un ruolo fondamentale è giocato dalla formazione del soccorritore. Parlo solo di soccorritore poiché è improbo forgiare dal nulla un bravo autista: a mio parere ci vogliono anche delle qualità innate che ti rendono capace alla guida (parla uno che non le ha e che per questo, molto coerentemente, ha lasciato perdere il volante per concentrarsi sul paziente). Chi si occupa di istruire il volontario di ambulanze deve insegnare tutto quanto concerne i presidi sanitari, il funzionamento dell’ossigeno ecc. ecc., ma deve soprattutto trasmettere alcuni principi fondamentali che sono l’educazione, l’umiltà e il rispetto. Se non ci pensa il formatore allora se ne occuperà la società stessa (intesa come i suoi membri), ma l’insegnamento sarà decisamente più traumatico!!!
Tutto appare semplice all’interno di una P.A. e in effetti lo è…una volta afferrato il meccanismo, tutto fila liscio come l’olio, ma bisogna capirlo! Bisogna avere l’umiltà di mettersi a disposizione di tutti, ma soprattutto è utile capire la logica “dell’ultimo arrivato”. Questa è la chiave di svolta. Se nel tuo cervello capisci che essendo l’ultimo arrivato devi comportarti bene e rispettare quelli più anziani di te, allora sei già a metà dell’opera. So già che alcuni diranno…ma questo è “nonnismo”…! Premesso che secondo la mia esperienza personale giudico che il “nonnismo” e il “caporalismo” fossero una parte fondamentale dell’addestramento militare, nessuno può negare che in ambienti ristretti e gerarchici il rispetto dell’anzianità sia il solo veicolo per riuscire, imparare e farsi a sua volta ben volere (attenzione: vero è che tra gli anziani capita anche di trovare cattivi maestri, ma son pur sempre li prima di te). Non ho mai visto sopravvivere a lungo arroganti, spavaldi, prepotenti o chiunque abbia tentato di cantare fuori dal coro. Questo è importante poiché in servizio si deve cantare in coro! I solisti creano guai e in ambulanza non esistono prime donne! La SQUADRA: tutto ruota intorno alla squadra la quale al suo interno ha certamente un suo ordine, ma tutti lavorano in una sola direzione, il benessere del paziente. All’interno di una squadra il potere principale è dato dall’esperienza: di solito tutti fanno riferimento al membro più anziano che non sempre corrisponde alla figura dell’autista.
Le P.A. non sono un ambiente per tutti poiché non si fanno cose che tutti anelano fare: l’ambulanza è un mezzo sul quale si corre…verissimo, pure divertente… ma dietro, nel cosiddetto vano sanitario non è tutto così piacevole. Sangue, vomito, drogati, ubriachi, anziani abbandonati, malati terminali, infarti, tragedie stradali, tentati suicidi e le tante storie che la strada racconta; da questo ben si capisce che la sirena è solamente una colonna sonora poco piacevole. Poi, come tutto questo venga affrontato e metabolizzato da chi lo fa…rimane un segreto personale, stretto gelosamente nella testa di ognuno di noi. Conosco persone molto sensibili o fredde come il ghiaccio, tutti però sanno che non si può dare troppa strada all’emozione poiché c’è un lavoro da fare e per quanto questo possa essere da semplici intermediari (tra il paziente e il medico di pronto soccorso) risulta basilare al fine del benessere comune. Non siamo medici né infermieri, tantomeno paramedici … ma solo e orgogliosamente soccorritori…!
Alla prossima puntata… sulle tipologie di autista che ho conosciuto e praticato!!!

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