mercoledì 26 ottobre 2011

Forze davvero speciali


L’esercito più numeroso e meglio equipaggiato al mondo è sicuramente quello degli Stati Uniti il quale dispone di una potenza di fuoco ineguagliabile (anche se in questo ultimo periodo ha dato alcuni segni di cedimento). I soldati più esperti e preparati sono certamente quelli europei, in particolare gli appartenenti all’esercito di Sua Maestà Britannica, comprese le loro forze speciali, i mitici SAS o SBS. Ma su tutti esistono dei soldati i quali per una particolare circostanza della storia sono stati abituati al combattimento sin dalla loro nascita; sono i soldati migliori al mondo sotto tutti i punti di vista, compresi quelli negativi. A loro, i soldati dell’esercito israeliano, spetta il primato di combattività mondiale. Il livello dei semplici soldati di fanteria (Brigata del Golan o altre brigate meccanizzate o corazzate) è superiore alla media di qualsiasi soldato al mondo. I soldati israeliani, infatti, non solo si addestrano quotidianamente, ma combattono quasi ogni giorno (ed è corretto dire spesso non ad armi pari). Questo post non è politico, non può e non vuole entrare in questioni delicate come il conflitto con i palestinesi i quali, mi auguro per la comunità internazionale, ottengano presto il riconoscimento dei loro innegabili diritti. Tuttavia non stento a provare una certa ammirazione per Israele poiché è l’unico Stato in cui le parole “minaccia” e “terrorismo” hanno assunto una dimensione tale da diventare la prima preoccupazione per tutti i cittadini.
All’interno delle forze armate (in ebraico viene usato l’acronimo “Tzahal”) sono inclusi diversi reparti speciali i quali alcuni operano in collaborazione con l’esercito, ma anche in operazioni segretissime che non prevedo l’utilizzo della forza regolare.
Il primo reparto che mi viene in mente, forse il più famoso, è l’S-13 ovvero lo Shayetet 13 assimilabili ai Navy Seal della marina americana, ma molto più preparati. Non appartengono all’esercito, bensì alla marina e sono divisi in tre compagnie (in ebraico palga): assaltatori, subacquei, e reparto di superficie (si occupa principalmente dei mezzi e della logistica).
Come per tutte le forze speciali israeliane tutti coloro che aspirano a entravi devono superare il temibile gibush che include 4 mesi di preparazione basica di fanteria, 2 mesi di addestramento avanzato e 3 settimane di corso paracadutismo con specializzazioni quali l’HALO e l’HAHO. Il gibush è davvero un periodo allucinante, le prove di resistenza fisica conducono alla soglie del decesso anche se gli istruttori sanno di non dover superare un certo limite. Per avere un’idea di quello che aspetta un aspirante operatore delle SF israeliane basta leggere il bellissimo libro di Aaron Cohen “Fratelli guerrieri” così da farsi un’idea di quanto sia difficile superare anche un solo giorno del famigerato gibush. Una volta passata la terribile selezione i marinai israeliani accedono effettivamente al reparto e vengono trasferiti alla base navale di Atlit per un altro periodo di esercitazioni, questa volta strettamente legate alle attività degli incursori di marina dove si diventa dei provetti sommozzatori e ottimi sabotatori.
Dopo gli incursori della marina, l’IDF (Israeli Defence Force) e in particolare il settore dedito all’Intelligence dispone del Sayeret Matkal (tradotto in ebraico: Unità di Ricognizione dello Stato Maggiore) la cui vocazione sono le missioni in profondità e di antiterrorismo. Tra i suoi compiti principali ci sono anche il recupero ostaggi in territorio ostile. Tra il loro palmares (per la maggior parte segreto) troviamo la famosa operazione Thunderbolt del 1976, la liberazione degli ostaggi a Entebbe nella quale perse la vita Yonatan Netanyahu, fratello del premier Benjamin “Bibi” Netanyahu. L’addestramento non differisce molto da quello dell’S-13, tuttavia i membri del Matkal devono superare ancora 5 settimane di corso antiterrorismo. Sono specialisti nel CQB (Close Quarter Battle), nella liberazione di ostaggi e in compiti più strettamente tecnici come la raccolta di informazioni, intelligence e altre specializzazioni “psicologiche”.
Tra le unità israeliane realmente segrete vi è il Duvdevan che letteralmente in ebraico significa “ciliegia” ad indicare la vera specialità di questa unità davvero molto peculiare. Gli elementi del Duvdevan percorrono lo stesso iter formativo delle altre SF tuttavia al momento di prendere servizio devono affrontare un ulteriore periodo di formazione che li trasformerà in una delle unità antiterrorismo più preparate e spietate al mondo. Essi sono addestrati ad operare in modalità mistà aravim (ovvero “alla maniera degli arabi”) nei territori occupati; gli operatori israeliani si muovono, parlano, vivono come i palestinesi, si confondono con essi ed entrano in azione improvvisamente senza troppi preavvisi. Informazioni ulteriori sono impossibili da reperire poiché risultano coperte da segreto.
Ogni unità di fanteria dell’esercito d’Israele è da considerarsi d’élite per le questioni che ho indicato in precedenza. Questa forte attitudine alla guerra porta sicuramente uno scompenso notevole nella società la quale vive una costante presenza dell’esercito nella vita quotidiana. Questo però trova una giustificazione in quello che accade quotidianamente sulle strade di Gerusalemme: gli attentati dinamitardi dei fondamentalisti palestinesi (e faccio notare che li distinguo da chi, tra i palestinesi, non è minimamente sfiorato dall’idea di farsi saltare in aria…. e il mio ottimismo mi induce a pensare che siano molti), i rapimenti e i missili rudimentali sparati da Hezbollah.

domenica 16 ottobre 2011

A come ambulanza…A come autista (2 parte)


Riprendiamo il discorso sulle Pubbliche Assistenze interrotto circa un mese fa quando feci qualche considerazione circa l’ambiente sociale e la prima esperienza di un “novellino”. Quando parlavo della squadra e dell’importanza che questa ha in una operazione di soccorso, anche la più banale, ho menzionato come figura di rilievo quella dell’autista ricordando, inoltre, che non per forza questa è legata ad una maggiore esperienza di servizio.
Sta di fatto che per quanto riguarda la responsabilità operativa di tutta l’urgenza l’autista è quello che rischia maggiormente e ha più responsabilità. Egli è, infatti, un soccorritore e condivide con gli altri la responsabilità sul paziente…in più gestisce (questa volta da solo) la responsabilità sul trasporto. In altre parole se lui non funziona, nessuno va da nessuna parte. Guidare nel traffico a sirene spiegate non è una cosa facile, l’ho provato personalmente e ci vuole sangue freddo (e questo non mi mancava), una buona vista (questo già di più) e una grande padronanza del mezzo e delle tecniche di guida (a me mancava soprattutto il senso della misura…). Scarti continui del volante su veicoli di gente realmente imbranata che non si sposta, attenzione ai mezzi come autobus o autoarticolati, estrema attenzione ai passanti, ma soprattutto estrema oculatezza nei confronti del codice stradale che, malgrado l’urgenza e la sirena, deve essere rispettato sempre.
Nella mia carriera da soccorritore ho avuto diversi autisti e devo dire che, tranne in alcuni casi, tutti sono stati straordinari e dotati di una resistenza alla guida davvero eroica. Quando militavo nella Croce Verde di Quinto ho avuto modo di confrontarmi con i migliori autisti che abbia mai conosciuto, messi costantemente alla prova non tanto dai servizi quotidiani, ma soprattutto dal famigerato e glorioso “Servizio Trapianti”. In poche ore dovevi arrivare da un punto all’altro della Penisola (nord Italia) in minor tempo possibile trasportando sia equipe medica, sia organi. Questo, a dire il vero, è il più bel servizio che abbia mai espletato (da autista mi è capitato poco, ma da navigatore spesso), in questo caso le doti di guida si abbinano ad un uso al limite dell’acceleratore (medie altissime e tempi da macchine da rally). Nel caso dei trapianti si partiva e si doveva arrivare in modo più puntuale preciso, pena la perdita dell’organo o l’arrivo in ritardo dei medici: in tutti e due i casi il presidente e il mitico Nando ti avrebbero fatto letteralmente a pezzi. Poi ci sono i servizi di urgenza normali e anche in questo caso ho assistito a veri numeri da circo (sempre tutto in massima sicurezza anche se, alle mie spalle, ho un buon numero di “toccate”). Ma chi sono gli autisti? Che carattere hanno? Quali sono i loro tipi di guida e da cosa li distingui?
La Croce Bianca Genovese dispone di ottimi autisti e devo dire la verità che, tolto il servizio trapianti, molti hanno delle affinità comuni; proprio su queste uguaglianze cominciamo una simpatica, ma quanto più possibile veritiera, catalogazione.
Categoria 1: i “grandi saggi”
In questa categoria l’anzianità non c’entra!Coloro che guidano da più tempo e uno svariato numero di mezzi non sono per forza dei matusa. I saggi sono coloro che hanno una innata capacità di guida e dispongono del settimo senso… quello del motore e del traffico. Sono già in anticipo rispetto a quello che accade davanti a loro, trovano strade che gli altri non pensano neppure esistano e ti portano su un codice rosso in tempi davvero utili alla sopravvivenza del paziente. Non ce ne sono tanti (io ho avuto e ho il privilegio di avere come autista uno di questi e non è una cariatide), sono creature taciturne che si aggirano per la sede accompagnate dalla loro inseparabile sigaretta. Non si esaltano mai, sono tranquilli e alla chiamata rispondono in modo impassibile sempre con la stessa espressione sia questa un codice verde o un codice rosso. Nel traffico dispongono di un radar interno e di un Santo protettore personale che li tiene fuori dai guai e di conseguenza mantengono viva tutta la squadra. Sembra che abbiano due mani, ma ne hanno di più, sono una sorta di Dea Calì del soccorso… guidano…cambiano…bestemmiano…rispondono alla radio…danno la selettiva… e ti tengono distanti da loro quando fanno curve a 90°. Apprezzano l’aiuto del soccorritore che sta davanti, ma non troppo… concedono di tanto in tanto di usare la radio e di dare la 5… ma la 6 è di loro assoluta priorità… la 8 forse te la concedono… insomma, l’abitacolo è il loro habitat naturale e NON gradiscono invasioni. Hanno tutti comunque una dote davvero importante che segna la differenza dagli altri… ammettono i propri errori.
Categoria 2: i “mi puzza di vivere”
Tra tutti i più pericolosi! Ne ho avuti alcuni al mio fianco e devo dire che rendo grazie al fatto di essere un paracadutista e quindi non temere l’effetto vuoto! Questa categoria non dispone di un solo Santo a loro protezione, bensì di uno S.W.A.T. Team di Santi che sorvegliano ogni loro manovra. Alla guida, è indubbio, sono solitamente molto in gamba, solo che amano smodatamente la velocità e il rischio. In urgenza non si pongono domande, se devono passare tra due macchine non prendono minimamente in considerazione le misure… queste sono una inutile perdita di tempo… ci passano e basta. Il tempo è una dimensione elastica, diceva Einstein, bene loro sono la prova che aveva ragione.. tutto è elastico intorno a loro, tutto si modella intorno alla scia che lasciano al loro passaggio. Loro non fanno urgenze, ma prove speciali. Amerebbero vedere sulla fiancata dell’ambulanza la targhetta con il loro nome, la bandierina italiana e il gruppo sanguigno, come le macchine da rally. La loro visione principale del mondo si riassume in poche parole: “nel dubbio schiaccia e fottiti delle precedenze”!
La loro presenza è una chiara minaccia alla salute dei direttori di macchina i quali considerano i mezzi come loro figlie e sanno che potrebbero essere stuprate da uno di questi maniaci!!! La mia esperienza mi ha insegnato che comunque sono persone affidabili, sono solo dei drogati di velocità, ma soprattutto (non nascondiamolo e non facciamo gli ipocriti) almeno una volta tutti vorrebbero salire con loro in ambulanza. Stomaco forte però…mi raccomando.
Categoria 3: i “nobili”
La loro nobiltà deriva dal loro stile di guida…impeccabile, ma soprattutto hanno la capacità di mantenere sempre la stessa medesima velocità. Ho avuto autisti dove non ti accorgevi se facevano un codice rosso, un trasporto, una passeggiata o andavano a prendersi semplicemente un gelato, insomma guidavano sempre e comunque alla stessa andatura. Se la categoria numero 2 sono i peggiori nemici dei direttori di macchina, i “nobili” rappresentano il loro ideale, i figli prediletti. Sono sicuri che porteranno sempre a casa la macchina intera, magari anche pulita poiché si sono fermati (con il paziente a bordo) in qualche autolavaggio. Sono i “nobili” che solitamente fanno saltare i nervi ai soccorritori che stanno al loro fianco: mi è capitato di entrare in agitazione su dei codici rossi perché sembrava non si arrivasse mai.. ma loro nulla.. sguardo fisso in avanti e constante controllo del conta chilometri…una gita insomma. Per loro il codice della strada non rappresenta un problema, se potessero si fermerebbero al semaforo rosso con le sirene accese! Una volta arrivati sul target non accostano, non mettono in sicurezza il mezzo, fanno di meglio…cercano parcheggio!
Categoria 4: “autisti per caso”
Quando arrivi in una P.A. e insisti subito per diventare un autista hai ottime possibilità per diventare un “autista per caso”. Qui la colpa è condivisibile tra colui che vuole guidare e il responsabile che glielo concede. Indubbiamente questo discorso si lega a quanto dicevo nella prima parte, cioè all’attrattiva rappresentata dalla sirena. Alcuni arrivano in sede e dopo poco tempo pretendono di mettersi alla guida di un mezzo senza la minima esperienza. Il bello è che il direttore di macchina qualche volta glielo concede, usando la modalità dei “rientri” come forma d’addestramento. La cosa peggiore però è che sovente a fare da istruttore a questi soggetti sono la categoria numero 1 – i “grandi saggi” - i quali si ritrovano nello scomodo ruolo di baby sitter. In alcuni casi nascono delle vere e proprie promesse del volante, in altri l’esperienza è negativa. Allora, in questo caso, ho hai la coerenza di dire “be non fa per me, comunque divento un bravo soccorritore!” oppure la sfrontatezza di affermare “bé guidano tutti… guido anche io” mutando dunque la tua condizione in “autista per caso”. Alla guida sono la drammatica somma di un vecchietto che ha paura della sua ombra e un tamarro che vuole provare la sua macchina…la combinazione è devastante! Ne viene fuori un vecchietto tamarro! Di questi autisti ne ho avuti pochissimi e cerco di tenerli bene a distanza. Se poi diventeranno qualcuno (faccio lo snob) potranno avere l’onore di avermi al loro fianco (ah ah ah ah !).

Rispetto a quanto detto sopra ci sono molti autisti che non sono catalogabili in queste categorie, sono quelle persone che prestano il loro servizio ogni mattina, magari uomini andati in pensione i quali al posto di fare la “muffa” in un bar o davanti alla televisione prendono una panda targata Croce Bianca e vanno a fare miriadi di servizi utili alla sopravvivenza della società. A loro va il mio abbraccio più grande e di gratitudine.