lunedì 29 dicembre 2008

Babbo Natale è morto a Gaza


Apro gli occhi per un attimo dai miei deliri newyorchesi e cosa trovo? Guerra. Una nuova guerra in Medio Oriente, stancante, barbara, mossa dai soliti motivi…incessante. Hamas spara, Israele risponde… ecco un attimo una scintilla e l’incendio mediorientale diventa nuovamente un falò di proporzioni gigantesche che nessuno nella comunità internazionale riesce a controllare. Nessuno riesce a capire quale sia la chiave che chiuda per sempre la cassa di Marte. In televisione vedo donne palestinesi che piangono i loro morti, le stesse donne che inneggiano contro Israele e che non esiterebbero a sacrificare il proprio figlio per la guerra santa; dall’altra parte vedo i Merkava israeliani accanirsi contro villaggi di povera gente che, in qualche modo, non può fare proprio nulla se non difendersi tirando anche solo semplici pietre. Prendere la ragione di qualcuno? Non ce la faccio, malgrado la mia propensione e il mio attaccamento al popolo ebraico. Sottolineo popolo ebraico non Israele, e le cose, come sappiamo, sono ben diverse. Israele è aggredito, sempre comunque, ha ormai la sindrome di chi può essere distrutto da un momento all’altro, vive nell’ansia. Un apprensione che si porta dietro dal lontano 1948 quando la stessa Lega Araba che ora si chiama fuori dalla questione tentando una flebile mediazione, lo aveva aggredito cercando d’impedirne la formazione politica. La comunità internazionale che fa? Gli Stati Uniti, da sempre amici e fratelli degli israeliani? Bella gatta da pelare per il povero Barak Obama il quale non può negare l’amicizia con la Knesset, ma deve condannare quanto sta accadendo seguendo la sua linea politica.
Perché Hamas continua questa guerra cha la stessa ANP rifiuta di combattere? Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas, il 18 giugno 2007, ha messo al bando le milizie di Hamas, eppure il suo volere è rimasto inascoltato…troppa gente che continuava a soffrire..una sofferenza alimentata dalla fame che ogni giorno aggredisce, più feroce degli F-16 israeliani, i campi dei palestinesi dove vivono (per modo di dire) ammassati migliaia di donne, vecchi e bambini.
Israele è una grande nazione, ma è abituata ormai alla condizione di guerra. Certo una qualche responsabilità gli arabi ce l’hanno, sicuramente è agli occhi di tutti. È pur vero che, dall’alto della sua potenza militare, Israele dovrebbe capire come e quando fermarsi. La strategia dell’attacco e della distruzione del nemico fino all’ultimo uomo non rientra nella logica di questo secolo.
Tendere una mano? Ma farlo veramente con gesti concreti che riguardano la popolazione e non la politica dei capi di stato. Farlo per la gente in mezzo alla gente. Lo so, lo so è una semplice utopia, forse priva di senso. Un inutile sentimentalismo che mi porta a continuare a non scegliere da che parte stare e chi si arroga il diritto di farlo, indossando una bandiera palestinese e bruciandone una israeliana, non ha capito proprio nulla. Nessuno può capire e me ne sono accorto questa estate quando a tavola con me, a New York, era seduta una ragazza libanese…ho provato a sostenere le tesi israeliane per un limitato secondo..poi ho rinunciato. La sua esperienza, le sue lacrime e quelle della sua famiglia che hanno sofferto e visto la città più bella del Medio Oriente, Beirut, distrutta, hanno cancellato ancora una volta tutte le mie convinzioni. Continuo a non schierarmi e non lo farò mai.