sabato 30 luglio 2011

Il monumento dei Parà






In occasione dell’ultima ASSOARMA tenutasi il 2/3 luglio a Torino è stato inaugurato il monumento ai Paracadutisti. Un evento molto atteso da tutte le associazioni Anpd’I e da tutti gli ex appartenenti alla “Brigata”. Per partecipare a questa cerimonia ho rimandato anche la mia partenza per Genova, non potevo mancare ad un appuntamento così importante. La cerimonia si è svolta al parco del Valentino alla presenza di numerose persone e ai labari di molte sezioni Anpd’I, purtroppo mancava la mia, quella che mi ha tenuto al battesimo dell’aria: Gorizia. Tuttavia io credo che il basco amaranto accomuni tutti e non mi sentivo certamente solo. Questo basco amaranto tanto agognato e sudato che, badate bene, non significa essere della Folgore, ma significa condividerne lo spirito, i valori e soprattutto il cielo. Poi il brevetto con la stelletta e tutt’altra cosa, i paracadutisti militari – per quanto abbia ancora oggi senso parlare di lanci in massa di guerra – seguono un addestramento durissimo dove il “salto” è sicuramente la parte più facile. Tuttavia, nonostante tutto, il corso che frequentai nel lontano 1988 in quel di Gorizia non era stata certo una passeggiata di salute: due mesi e mezzo di esercizi massacranti scanditi dagli ordini dell’indimenticabile Vicki (un vero colosso).
Tralasciando i miei ricordi personali ho accolto con molto piacere la notizia dell’inaugurazione di un simile monumento in questa città la quale vanta una tradizione militare secolare…Torino è la tradizione militare italiana, l’esercito italiano trae origine dall’esercito sabaudo. Ricordo poche città che vantino un così alto numero di monumenti dedicati ai militari. Almeno una cosa buona questi Savoia l’hanno fatta…e non mi riferisco a quelli delle ultime generazioni (ballerini, spogliarelliste, assassini e puttane). Mi ha stupito anche il numeroso gruppo di baschi amaranto presenti… e l’accoglienza a loro riservata: ovviamente essendo un’ASSOARMA erano presenti le associazioni d’arma di tutte le specialità, compresa la mia vera, originale, dove ho ricevuto il mio addestramento (altrettanto duro) e ho trascorso un anno pieno di ricordi: la fanteria (21° battaglione di fanteria motorizzata/poi meccanizzata Alfonsine – Caserma Valfré / detta Alcatraz – Alessandria – Brigata Cremona). Insomma durante queste manifestazioni è come se avessi due anime…due baschi…nero e amaranto.
Il monumento, realizzato dallo scultore Gabriele Garbolino Ru, è stato fortemente voluto dall’Anpd’I di Torino per iniziativa del suo presidente Dario Ponzetto e progettato in collaborazione con il Comune di Torino. Esso rappresenta un paracadutista in piedi colto nel momento che precede il lancio nel vuoto. Il bassorilievo in bronzo è dedicato al Sergente Maggiore Mario Giretto, medaglia d’oro per i fatti di El Alamein. Sulla lapide è scolpita la dedica “Ai paracadutisti d’Italia Caduti sui campi di battaglia, nella missioni all’estero e sui campi di lancio – Onore e gloria”.
I caduti ricordati appartengono a tutte le guerre dal Nord Africa nel 1942 fino alla dura terra dell’Afghanistan dove, purtroppo, ancora oggi cadono numerosi baschi amaranto.
Uno speciale ringraziamento personale va a Paolo Viola paracadutista della sezione torinese che mi ha accolto nelle file amaranto della sezione e mi ha permesso di prendere parte alla sfilata (insieme alla mia agguerritissima fidanzata della Taurinense).

domenica 24 luglio 2011

In pace e in guerra


Cominciamo questa nuova stagione con la recensione di un libro che ho avuto modo di leggere in questi giorni: “In pace e in guerra” di Enrico Mannucci. Sinceramente mi aspettavo di più, tutte cose abbastanza note e presenti nelle varie riviste specializzate del settore, tuttavia, per chi vuole sapere tutto e subito questo è un ottimo libro. L’autore analizza i principali reparti speciali del nostro esercito: dal GOI al Col Moschin fino al Tuscania. Ne spiega addestramento, armamento e impiego nei nuovi scenari di guerra. Proprio il nuovo tipo di guerra, definita dagli specialisti LIC (Low Intensity Conflict – Conflitti a bassa intensità) ha spinto il nostro governo (con il patrocinio dell’allora presidente Cossiga) a rafforzare i reparti speciali. Dal conflitto in Yugoslavia fino all’Afghanistan le nostre forze speciali si sono distinte non solo per la loro attitudine aggressiva, ma soprattutto per aver raggiunto un giusto equilibrio tra la loro componente d’attacco e quella di mediazione rispecchiando così la peculiarità italiana che tende sempre a trovare un accomodamento tra le parti. Aggiungo che molto spesso il compito delle forze speciale è quello di evitare lo scontro raggiungendo lo stesso l’obbiettivo.
Il valore di questi “pochi” è indubbio, basta scorrere le fasi di preparazione che formano un incursore della Marina o del Col Moschin per capire che non è facile sopravvivere a quei ritmi e a quello stress. Tuttavia non dobbiamo pensare a questi ragazzi come a dei superman: sono uomini con pregi e difetti, ma soprattutto con i loro limiti. Quello che li contraddistingue dalla maggior parte delle altre persone è, a mio parere, la forza di volontà e la costanza nelle cose che fanno. La voglia di riuscire che vince anche sui momenti di difficoltà che normalmente si presentano nel corso della vita o di un iter addestrativo. Troppo spesso una certa opinione pubblica vede le nostre Forze Speciali come l’incarnazione di un qualcosa di negativo, espressione di un governo che vuole difendere i propri interessi economici senza aver cura del valore umano. Bene inteso è mia opinione personale che tra le ultime guerre combattute forse solo una ha, in effetti, un valore deterrente nei confronti del terrorismo: l’Afghanistan. Per quanto riguarda l’Iraq lo trovo uno dei più grandi fiaschi militari dopo la guerra nel Vietnam per non parlare poi del conflitto libico per il quale stento a trovare un valido motivo che spinga a mandare aerei a bombardare chissà cosa! Ma questa è politica e i militari, volenti o nolenti, sono solo delle pedine. Quello che continua a stupirmi però è l’indignazione che l’opinione pubblica prova ogni volta che un soldato muore…. Ma signori miei, sono secoli e secoli che I SOLDATI MUOIONO IN GUERRA, la guerra (anche se mascherata da missione di pace) genera morti e per quanto sia il rispetto che ad essi dobbiamo smettiamola di meravigliarci quando qualche povero ragazzo della Folgore o degli alpini cade vittima a causa di qualche IED. Comunque, bando alle disquisizioni politiche, lasciando spazio solo al valore indiscutibile di questi uomini che hanno fatto una scelta coscienti, di sicuro, che in guerra…bé si può anche morire.