sabato 5 novembre 2011

GRAZIE !!!!


La pioggia batte forte sui vetri di casa mia, non smette di piovere in questa Torino uggiosa e grigia! Non smette di cadere quest’acqua che lentamente sta ingrossando il fiume Po, un lungo serpente che è vicino al tracollo. Qui, infatti, si aspetta il peggio, ma per me il peggio è già avvenuto. Ieri la mia città, la mia Genova è stata ferita dalla forza dell’acqua e dall’incompetenza dei suoi amministratori; ieri il mio cuore andava a mille pensando a mia madre (che per fortuna era al sicuro), ma soprattutto a loro, i miei colleghi della Croce Bianca, sempre in prima linea per tutte le urgenze quotidiane. Impietrito davanti alle immagini di Via XX settembre allagata come nel 1970, a Brignole un mare di fango, per non parlare di Marassi dove il mio più caro amico ha la sua attività e la sua abitazione. Un altro amico in giro a fare il suo dovere quotidiano… il pensiero andava proprio a lui che la città la mantiene pulita, ma che contro la natura nulla può fare. Tutti i ragazzi che erano in sede…o in missione… e io senza poter fare nulla; il senso dell’impotenza è qualcosa che ti massacra. Hai voglia di scappare, di prendere la macchina e correre incontro a loro, gli amici. Ma non puoi anche perché, ragionando con razionalità, rischieresti di fare più un danno che altro. Genova era chiusa, schiacciata dal fango dei monti e dalla potenza del mare che rigettava indietro l’enorme massa d’acqua dei fiumi. Via Ferregiano: per anni sono transitato in quella via, sopra quella via… a casa del mio fraterno amico che si affacciava proprio sul letto del rio… un rio stretto, soffocato dalle erbacce e da altri tipi di oggetti non proprio figli della natura. Ora la stessa natura li ha respinti creando danni immensi. Scorrendo le foto pubblicate su Facebook (non sarò mai grato abbastanza a questo mezzo di comunicazione) vedo un’immagine di un’ambulanza schiacciata contro altri mezzi… è proprio una delle nostre, la 276 sulla quale sono salito mille volte. Ho pensato a coloro che erano dentro l’abitacolo, ma per fortuna sono subito stato informato che stavano bene e che le loro ferite si limitavano al gran spavento. Vedo ancora Via XX settembre e mi blocco sulle vie laterali e in particolare Via Cesarea dove ho lavorato per un anno… e sempre quell’anno ho vissuto personalmente una semi alluvione. Adesso quelle stesse stanze che erano sopravvissute e che avevo asciugato con cura… erano completamente sparite, inghiottite dal fango. Scorro ancora le foto e vedo Corso Torino… anche li ho qualcuno… i miei ex colleghi della redazione i quali sono riusciti a mettersi in salvo appena in tempo. E io fermo… immobile… prigioniero del destino che mi ha voluto lontano da casa, dai miei amici. Qui a Torino con il corpo, ma a Genova con l’anima, il cuore e il pensiero. Il pensiero fisso su quelle uniformi arancione che viaggiavano in mezzo alla gente e si mescolavano fra loro. Uniformi arancione che non smettono mai di lavorare, che non si arrendono, che sanno cosa è il dolore e la paura, ma la governano. Ragazzi qualunque, senza età, senza particolari doti da superman.. gente comune che decide di alzarsi la mattina e dedicare qualche ora del suo tempo agli altri. Una forza interiore che da sola fermerebbe il corso di mille fiumi… e così hanno fatto. Si perché loro lo hanno fatto… ciascuna divisa rappresentava un baluardo contro il dolore, una mano sicura verso chi non ce la faceva. A loro, ai miei amici, colleghi, come i fratelli di un unico “reggimento” di pace, a tutti coloro che hanno lavorato per la mia città va il mio commosso e sentito GRAZIE. Questa è l’unica Italia che amo, che voglio vedere e che morirei per difendere.

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