
Dopo un po’ di post di argomento generale è con grande piacere che mi rituffo in quella che è la mia materia, la storia militare. L’unico collegamento con i post precedenti è il Medio Oriente, infatti, in queste prima parte (la seconda arriverà a settembre), vorrei parlare di una delle forze aeree meglio addestrate e più potenti al mondo: l’aviazione Israeliana. La forza area con la Stella di David nasce nel 1948, lo stesso anno in cui prendeva forma la costituzione dello Stato d’Israele. All’atto di fondazione lo Stato ebraico, guidato da David Ben Gurion, fu immediatamente aggredito da una coalizione araba formata da Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania. I bagliori della guerra misero subito alla prova la neonata forza aerea israeliana che aveva in dotazione aerei obsoleti, residuati dell’ultimo conflitto mondiale: i tedeschi Messerchmitt BF 109 e i britannici Spitfire. Per di più i piloti non erano assolutamente addestrati al combattimento giacché provenivano quasi tutti dall’aviazione civile. La prima guerra arabo-israeliana fu vinta grazie alla fanteria e all’impiego magistrale dei mezzi corazzati di Moshe Dayan; nonostante tutto anche l’aviazione ottenne successi insperati attribuibili soprattutto alla temerarietà dimostrata dai piloti. Dal 1950 in poi le cose cominciarono a cambiare grazie all’invio di nuovi aerei da parte della Francia e, successivamente, dagli Stati Uniti. La vera prova del fuoco per l’ Hel Ha’Avir arrivò con la Guerra dei Sei Giorni scoppiata il 5 giugno 1967. Il comandate dei reparti aerei, il maggiore generale Mordechai “Mottie” Hod fu il principale fautore della vittoria sulla seconda alleanza araba. Dopo giorni di stressanti trattative per scongiurare la guerra, lo stato maggiore israeliano, guidato da Moshe Dayan e Yitzhak Rabin, prese l’iniziativa approvando l’attuazione del piano “Focus” (Moked). Questo prevedeva la distruzione, in poche ore, dell’intero arsenale aereo egiziano attraverso una serie di attacchi mirati verso le principali basi aeree di Nasser. I caccia egiziani aspettavano, da un momento all’altro, l’attacco d’Israele, tutti i piloti pensavano però che gli aerei avversari si sarebbero levati in volo alle prime luci dell’alba e dunque, non appena il sole fu ben alto, venne ordinato agli aviogetti di pattuglia di rientrare alla base. A livello politico poi, il presidente Nasser, il feldmaresciallo Amer e il tenente generale Sidqi Mahmoud erano certi che il primo ministro israeliano, Levi Eshkol, non avrebbe mai autorizzato un attacco preventivo senza il consenso degli Stati Uniti i quali, sin dai primi giorni della crisi, avevano supplicato il governo israeliano di non raccogliere le provocazioni egiziane.
Mentre nelle basi del Sinai i piloti e il personale di terra svolgeva regolare servizio, gli aerei israeliani avevano già lasciato la pista e stavano volando, quasi rasoterra, verso i loro obiettivi. Una volta giunti in prossimità degli aeroporti egiziani i caccia-bombardieri israeliani cabrarono fino a 2500 metri d’altezza per poi cominciare la picchiata sui loro obiettivi. Quando nelle stazioni radar egiziane si accorsero della presenza massiccia di caccia nemici, era ormai troppo tardi. In pochi minuti gli aerei di Tel-Aviv piombarono come falchi sugli hangar dell’aviazione militare egiziana: grazie alle potenti bombe BLU 107 Durandal le piste furono devastate e rese inutilizzabili, la maggior parte degli aerei fu distrutta al suolo mentre, i pochi MIG egiziani che riuscirono a staccarsi da terra, vennero subito intercettati e abbattuti dai Mirage di “Mottie” Hod. Tra gli obiettivi principali dell’aviazione israeliana c’erano 30 bombardieri di fabbricazione sovietica TU-16 “Badger” i quali, se si fossero diretti verso le città d’Israele, avrebbero inflitto una dura lezione alla popolazione civile. Il successo di Focus costò all’aviazione di Nasser la perdita di circa 300 aerei e 100 piloti: una vera ecatombe. La vittoria riportata dai piloti israeliani ebbe, inoltre, forti ripercussioni sul prosieguo del conflitto: il collasso dell’aviazione egiziana stabilì la superiorità aerea israeliana durante i restanti 5 giorni di guerra garantendo così la vittoria finale. Tra il 1968 e il 1970 le tensioni tra Israele e Egitto continuavano a infiammare il Medio Oriente: furono gli anni della cosiddetta Guerra d’Attrito dove l’aviazione israeliana recitò, ancora una volta, la parte del leone. Il 30 luglio 1970, ad ovest del canale di Suez, infuriò una terribile battaglia aerea (dog fight): da 8 a 20 MiG sovietici (non si sa se tutti raggiunsero lo spazio aereo del combattimento) contro 8 Mirage III e 4 F-4 Phantom II dell’ Hel Ha’Avir. Come sempre i bollettini di guerra egiziani parlarono di una grande vittoria, ma la verità era un’altra: i Mirage e i Phantom con la Stella di David inflissero una dura sconfitta agli avversari abbattendo innumerevoli MiG pilotati dagli stessi sovietici (i russi avevano garantito un appoggio diretto agli egiziani con l’invio di personale addestrato: Operazione Kavkaz).